CALTIKI IL MOSTRO IMMORTALE

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ITALIA/ USA, 1959

REGIA: Riccardo Freda

CAST: John Merivale, Didi Perego, Vittorio André, Daniela Rocca, Gérard Herter, Giacomo Rossi Stuart, Arturo Dominici

La massa gelatinosa vista in Blob/ Fluido Mortale “rivisitata” da Riccardo Freda nel 1959, un anno dopo l’uscita del cult di Irvin S. Yeahworth Jr. Con l’aiuto di Mario Bava (come direttore della fotografia e degli effetti speciali), il regista de I Vampiri realizza un film di fantascienza per sfruttare l’onda del successo di un genere che in quel momento funzionava (con le avventure del Dr. Quatermass in testa), dandogli però una lettura molto “italiana” e personale.

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L’idea era quella di far apparire Caltiki Il Mostro Immortale come un prodotto “all’americana” per venderlo e distribuirlo in maniera più capillare, e si deve riconoscere che se paragonato alle produzioni coeve d’oltreoceano non ne esce affatto male. La storia è quella di una spedizione che in Messico si trova a dover fare i conti con un’antica divinità racchiusa in una statua, che ha il potere di risvegliare un enorme ammasso gelatinoso che giace in un lago all’interno di un antico tempio. Alcuni scienziati studiano la strana creatura (che nel frattempo ha attaccato un membro del gruppo) ma una misteriosa profezia (che prevede il passaggio di una nefasta cometa radioattiva) si sta per avverare e la potenza del mostro viscido sta per esplodere in tutta la sua forza…

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Il problema principale del film di Freda è la lentezza e la mancanza di ritmo, però l’idea del mostro gelatinoso (un ammasso di trippa e frattaglie avvolte in uno straccio) funziona a prescindere e Caltiki si fa apprezzare per una certa cura ed eleganza e, pur viaggiando nei binari della fantascienza, fotografia, ambientazioni e situazioni (grotte, lunghi corridoi bui dove ci si muove con le torce, pozze d’acqua putrida, statue maledette che fanno parte “dell’arredamento”) ne fanno un gotico di tutto rispetto, con molte varianti rispetto alle storie classiche ambientate nei castelli o in vecchi casolari.

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Certo, la mancanza di mezzi è evidente e qualche soldo in più di sicuro sarebbe servito, le ingenuità si notano (per esempio i modellini dei carri armati che non rispettano le proporzioni) e gli attori non sono proprio mostri di bravura, però sono difetti che in un film come questo passano necessariamente in secondo piano.

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Per chi scrive non è un cult ma un’occhiata se la merita tutta, se non altro perché è la dimostrazione di come in altri tempi si potevano realizzare prodotti competitivi usando solo l’ingegno.

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