FLESH

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USA, 1968

REGIA: Paul Morrissey

CAST: Joe Dallesandro, Geraldine Smith, Candy Darling, Patti D’Arbanville, Geri Miller, Louis Waldon

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Lo storico manager dei Velvet Underground Paul Morrissey costruisce un film fatto su misura per l’allora esordiente Joe Dallesandro. Ottenuta carta bianca da Andy Warhol, il regista “usa” il più possibile il corpo scolpito dell’attore e s’inventa un ruolo in grado di valorizzare la sua fisicità, senza far caso a trama, narrazione e dialoghi. La storia è come se non ci fosse, infatti Flesh ci mostra un’ipotetica giornata come tante dell’attore che, in cerca di soldi per la fidanzata bisex va per strada a prostituirsi. Joe si concede senza problemi a personaggi di vario tipo, si spoglia senza vergogna e asseconda anche i complessi e la logorrea dei clienti più insicuri, personaggi ben disposti a pagarlo per poter godere del suo corpo ma che a volte dimostrano un po’ di timore di fronte alla sua bellezza.

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Per certi versi Flesh potrebbe soddisfare gli amanti dell’erotismo al maschile, perché il corpo nudo di Joe Dallesandro è il vero protagonista del film: glutei, pene, pettorali, cosce e muscoli sono costantemente esibiti. Paul Morrissey non sembra interessato a raccontare alcun tipo di storia e infatti, se togliamo l’esposizione epidermica del protagonista, del film non rimane praticamente nulla. I dialoghi girano (volutamente) a vuoto, come a suggerire che chi guarda non deve aspettarsi un film ben recitato (anche se Dallesandro in seguito dimostrerà una buona capacità recitativa in altri tipi di produzioni, anche italiane) ma semmai un’occasione per ammirare le nudità dell’attore, mostrate fino allo sfinimento.

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Tanto è bastato a Andy Warhol per suscitare un certo interesse negli ambienti sia mainstream che underground (Flesh è stato distribuito con buoni risultati) e, anche se questa concezione di cinema appare probabilmente un po’ vacua e non così “arty” come forse lo era alla fine degli anni sessanta, un po’ di curiosità la suscita comunque ancora oggi. Tutto è predisposto per dare modo a Dallesandro di accendere gli ormoni, non ha bisogno né di apparire intellettualmente interessante né di sforzarsi per interagire con i suoi clienti, perché è il suo fisico statuario a parlare per lui.

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Ammiccante per un pubblico omosessuale ma anche stimolante per quella frangia che oggi verrebbe definita “radical chic”, Flesh dà l’idea di un prodotto creato a tavolino per far parlare di sé, eppure questa pellicola ha segnato una tappa importante nella storia dell’underground, tanto che il regista realizzò altri due film simili pochi anni dopo (Trash/ I Rifiuti Di New York e Calore) formando una solida trilogia e Joe Dalessandro diventò in breve tempo un’icona fondamentale, celebrata nei più importanti club gay americani. Curioso.

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