HORROR

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ITALIA/ SPAGNA 1963

REGIA: Alberto De Martino

CAST: Ombretta Colli, Vanni Materassi, Helga Liné, Gérard Tichy, Iran Eory, Leo Anchoriz, Harry Winter

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Grazie alle remunerative trasposizioni di Roger Corman di quegli anni citare Edgar Allan Poe nelle locandine cinematografiche era un’idea che a prescindere funzionava e, in pieno periodo gotico, anche il nostro Alberto De Martino decide di dire la sua in merito: Horror è il suo primo horror (mi si perdoni la quasi obbligata ripetizione) e narra di Emily, una giovane ragazza che, arrivata nei pressi del suo castello insieme a un’amica, viene informata dal fratello e dal medico di famiglia dell’improvvisa morte del padre.

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Le cose, manco a dirlo, non sono come sembrano e Emily si rende conto che intorno a lei accadono cose strane: un uomo dal volto sfigurato si aggira nei dintorni del castello e probabilmente il padre della ragazza non è affatto morto come volevano farle credere. Alla base di tutto c’è un’antica maledizione e il genitore cerca di far fuori la figlia per evitare che un’oscura profezia si avveri, ma siamo sicuri che non ci sia qualcuno che trama nell’ombra?

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Malgrado il titolo e la confezione, Horror è essenzialmente un giallo che, solo alla fine, rivela quello che a dire il vero, un po’ tutti si aspettavano e che già avevano capito a metà film. L’intreccio non è molto solido e se questo gotico di De Martino può essere apprezzato lo si deve alle belle scenografie e all’atmosfera cupa che avvolge i protagonisti della storia. Siamo lontani dalle suggestioni dei classici di Mario Bava e la mancanza di budget si vede, infatti non è che accada chissà che di interessante, però gli interni del castello hanno un innegabile fascino e i vari particolari macabri disseminati qua e là (tombe, croci, urla di terrore e presenze terrorizzanti) fanno il loro dovere e suscitano una certa curiosità.

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i riferimenti allo scrittore di Boston promessi nel manifesto ci sono, anche se appaiono più come una strizzata d’occhio che come una vera e propria rilettura dei suoi successi, così abbiamo il fratello della protagonista (una giovanissima Ombretta Colli piuttosto in forma) che (pescando dalla Caduta Di Casa Usher) si chiama Roderick e c’è anche spazio per un seppellimento “prematuro”, laddove la giovane Emily viene sistemata in una bara ancora viva. Si fa poi cenno al mesmerismo e all’ipnosi, tematiche care a Poe che trovano spazio in diversi suoi racconti, c’è da dire però che tutte queste citazioni e la scorrevolezza di una storia tutto sommato semplice trovano un ostacolo nei i dialoghi che vengono assegnati ai protagonisti, poiché viene troppo spesso usato un linguaggio desueto e inutilmente verboso che appesantisce tutto quanto, forse per convincere lo spettatore a prendere troppo sul serio ciò che vede sullo schermo.

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Cast niente male: oltre alla già citata Colli ci sono Helga Liné e Gérard Tichy, volti conosciuti agli amanti del cinema di genere degli anni ’60 che avevano acquisito fama con i western e i peplum e il “viscontiano” Vanni Materassi (Il Gattopardo). Senza infamia né lode, ma gli amanti del gotico verace un’occhiata dovrebbero dargliela, sempre che riescano a chiudere un occhio sul finale non proprio sorprendente…

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