LYCANTHROPUS

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ITALIA, 1961

REGIA: Paolo Heusch

CAST: Barbara Lass, Carl Schell, Curt Lowens, Luciano Pigozzi , Mary McNeeran, Annie Steinert

Un professore di scienze viene trasferito in un istituto che si occupa dell’integrazione nella società di “ragazze difficili”. L’uomo è un ex medico, scampato per un pelo alla galera dopo aver provocato involontariamente la morte di una persona e, dopo l’arrivo del docente, di notte una ragazza viene brutalmente assassinata nel bosco adiacente alla scuola da un licantropo.

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Inizialmente, si pensa che la ragazza sia stata sbranata da un branco di lupi (presenti in maniera cospicua in quelle zone) ma le cose cambiano quando emergono storie di ricatti sessuali ai danni di un erotomane che frequenta l’istituto. Quando anche altre persone vengono aggredite e uccise, l’ipotesi della presenza di un lupo mannaro si fa sempre più plausibile, mentre il professore rivela di essere a conoscenza di studi mirati alla scoperta di un siero capace di curare la licantropia nelle persone che ne soffrono. Rimane da scoprire chi sia che, all’interno della scuola, si nasconde dietro un’apparente normalità.

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Non male questa pellicola, ben fotografata e dignitosamente recitata, in un bianco e nero pulito in linea col clima e le suggestioni di quegli anni. La caratterizzazione dei personaggi è solida: abbiamo un protagonista deciso, un laido sessuomane, un uomo con problemi mentali e una ragazza scaltra e sagace. Il make up del lupo mannaro è ben fatto, superiore non di poco a altri esempi del periodo.

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Non solo: considerando che LYCANTHROPUS è un film del 1961, la violenza esibita è notevole e gli accenni all’erotismo (un uomo sposato schiavo del sesso e ricattato da una ragazza molto più giovane di lui) sono piuttosto forti. LYCANTHROPUS è consigliato prima di tutto agli amanti del gotico: boschi angoscianti, ululati e paesaggi di campagna faranno felici gli amanti delle atmosfere lugubri. Notevole è anche il ritmo scattante e mai prolisso, che scandisce la situazione drammatica all’interno dell’istituto.

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Se siete amanti di Bava, Freda e Margheriti, apprezzerete anche questa pellicola del sottovalutato Paolo Heusch (e scritta dal grande Ernesto Gastaldi), un regista che avrebbe sicuramente potuto dare molto di più (in termini di quantità) alla nostra cinematografia.

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