IL CLUB DEI MOSTRI

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TITOLO ORIGINALE: The Monster Club

G.B. 1980

REGIA: Roy Ward Baker

CAST: Vincent Price, John Carradine, Donald Pleasence, James Laurenson, Stuart Whitman, Richard Johnson, Britt Ekland, Simon Ward

Siamo agli inizi degli anni ’80 e l’horror inglese targato Hammer e Amicus aveva ormai fatto il suo tempo, quindi Roy Ward Baker decide, prima di andare in pensione, di dare un ultimo colpo di coda al genere e per l’occasione, riunisce una buona parte delle facce che avevano reso celebri numerose pellicole dell’orrore e così, il titolo del film acquista un doppio significato, perché il “club” notturno che fa da filo conduttore ai tre episodi raccontati racchiude sì lupi mannari e vampiri, ma include anche i “mostri sacri” del bel cinema di genere inglese.

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Vincent Price è un vampiro che, per sfamarsi, succhia un po’ di sangue a John Carradine in un vicolo di Londra e, per ringraziarlo della “gentile concessione”, lo porta in un locale un po’ fuori dal comune, dove mostri di ogni tipo passano la notte assistendo a concerti rock. Una volta arrivati, Price illustra a Carradine l’albero genealogico dei mostri, raccontando storie che servono da esempio per spiegare le caratteristiche che differenziano le varie creature.

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Nella prima, assistiamo alle vicende di una donna che trova lavoro come segretaria presso un antiquario che è in realtà uno Shadmock, creatura chiamata in gergo “Fischiamorte” e, infatti, il proprietario del negozio ha il potere di incenerire chi ha davanti semplicemente fischiando. La donna cerca di derubarlo, ma torna a casa dal marito quasi carbonizzata…

Nel secondo episodio un bambino viene adescato da un finto prete (Donald Pleasence), che è in realtà un poliziotto delle Squadre Speciali, un’ organizzazione specializzata nella cattura e uccisione dei vampiri. L’uomo capisce che il babbo del ragazzino è un succhiasangue e lo costringe a portarlo nel suo nascondiglio, ma qualcosa va storto e ad avere la peggio è proprio il poliziotto.

Nel terzo segmento assistiamo alle peripezie di un regista di film dell’orrore in cerca di nuove locations per il suo ultimo lavoro e, casualmente (?) arriva in un piccolo villaggio spettrale popolato da Ghouls (mangiatori di morti). Dopo aver combattuto per avere la vita salva, una brutta sorpresa è in arrivo…

La prima storia è quasi commovente: il Fischiamorte viene tratteggiato come una creatura in cerca d’amore, incapace di vivere nella società per colpa del suo devastante potere. La seconda vicenda è quella più ironica, con un colpo di scena finale che chiude la storia facendo fare allo spettatore con una bella risata. Il terzo episodio è, a conti fatti, quello più cupo e spaventoso.

Dobbiamo riconoscere a IL CLUB DEI MOSTRI un pregio non da poco: se è vero che tutta la struttura guarda a un tipo di cinema che nel 1980 era già sul viale del tramonto, non possiamo non accorgerci che le coreografie all’interno del locale dal quale partono le storie risultano incredibilmente all’avanguardia, poiché anticipano scelte musicali e grafiche che vedremo, da qua in poi, per almeno altri 10 anni in tantissimi horror di successiva produzione; operazione nostalgica da una parte, ma anche occhio attento di Roy Ward  Baker (che di cinema ne sapeva) per tutto ciò che ancora doveva arrivare.

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Stroncato da molti, ma chi dice che è un brutto film ha torto. Scena finale un po’ patetica, con Vincent Price che spiega al pubblico del “club” che i mostri peggiori sono gli esseri umani. Ok siamo d’accordo, questa ce la poteva risparmiare, ma in fondo, chi avrebbe il coraggio di condannare un mostro sacro come lui per una piccola banalità?

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