DRAG ME TO HELL

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USA, 2009

REGIA: Sam Raimi

CAST: Alison Lohman, Justin Long, David Paymer, Lorna Raver, Adriana Barraza, Reggie Lee, Chelcie Ross

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Tutti ci speravano che Sam Raimi ritornasse all’ovile, in fondo che l’horror per lui fosse una vera passione e non certo una forzatura dovuta a esigenze commerciali lo sapevamo. Dopo il successo dei tre Spiderman, saga decisamente mainstream rivolta a un pubblico più eterogeneo, con Drag Me To Hell il regista statunitense premia quell’ampia fetta di pubblico che lo aveva conosciuto e apprezzato per Evil Dead e che da lui si aspettava un ritorno agli antichi fasti.

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La storia è molto semplice e neppure troppo originale, ma in fondo nemmeno i suoi cult storici con Bruce Campbell avevano sceneggiature molto articolate: qua c’è Christine, una graziosa ragazza che lavora in un’azienda che si occupa di prestiti e, per dimostrare al suo capo di avere della stoffa nega una proroga di rimborso a una vecchia zingara alle prese con un mutuo da estinguere, in ritardo con i pagamenti. Umiliata davanti a tutte le persone presenti all’interno dell’ufficio, l’anziana signora decide di vendicarsi e lancia una maledizione alla ragazza, che da quel momento comincia ad avere orribili visioni: la colpa è di un demone infernale che, tempo prima, aveva avuto a che fare proprio con la zingara per un regolamento di conti rimasto per troppo tempo in sospeso…

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I più esperti si sono accorti subito che lo spunto di Drag Me To Hell è molto simile al romanzo di Stephen King L’Occhio Del Male (1984); anche lì c’è una zingara che, vittima di un’ingiustizia, getta una terribile maledizione su uomo destinato a mille tormenti; qua la vittima è una ragazza e la sostanza non è troppo dissimile, ma a cambiare è la modalità della “punizione”, perché se nell’invenzione di King “l’infame” era destinato a dimagrire inesorabilmente in maniera innaturale, stavolta la giovane ingenua paga la sua colpa con orrende visioni di morte, orchestrate da un terribile demone che cerca in tutte le maniere di farle venire un infarto per la paura…

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Raimi si diverte a far saltare lo spettatore dalla sedia con i jumpscares e mescola ironia e effetti raccapriccianti per dare vita a uno spettacolo volutamente baraccone, ricreando gli eccessi visivi che l’avevano reso famoso agli inizi degli anni ’80. La giovane Alison Lohman è il mezzo che Raimi usa per riempire la pellicola di visioni spettrali, orrori viscerali e scene che vorrebbero essere disgustose e divertenti allo stesso tempo, dando al film un taglio fumettistico nella rappresentazione delle mostruosità ma sempre lineare nello svolgimento.

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Non tutto è riuscito alla perfezione ma ci si diverte lo stesso: Drag Me To Hell ha l’aspetto di un lussuoso b-movie, costruito appositamente per coinvolgere più tipologie di pubblico: da una parte ci sono i nostalgici dei suoi primi film, ben contenti di ritrovare il regista che si comporta “alla vecchia maniera” che andavano accontentati, ma c’è anche un occhio di riguardo al nuovo pubblico di Sam Raimi, quello acquisito negli anni di Spiderman che si aspetta uno spettacolo ben curato, lontano dallo spirito pulp caro a un cinema che da molti verrebbe definito “d’altri tempi”, così spesso si ha l’impressione di un progetto che, per non scontentare nessuno non decolla mai completamente, in ogni caso il successo al botteghino c’è stato e gli elogi a Drag Me To Hell con lo scorrere del tempo hanno superato di gran lunga le critiche.

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