NON APRITE QUELLA PORTA

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TITOLO ORIGINALE: The Texas Chainsaw Massacre

USA, 1974

REGIA: Tobe Hooper

CAST: Marilyn Burns, Allen Danziger, Paul A. Partain, William Vail, Teri Mc Minn, Edwin Neal, Jim Siedow, John Dugan

Mentre alla radio si parla della profanazione di una serie di tombe e del ritrovamento di alcuni cadaveri mutilati, un gruppo di studenti viaggia con un furgoncino nelle strade del Texas. Durante il tragitto offrono un passaggio a un autostoppista, che si rivela però un violento ritardato mentale ma, riusciti a scappare, i giovani fanno una sosta in un vecchio casolare per riposarsi, eppure la fortuna non è dalla loro parte: sono finiti nel covo di una famiglia di pazzi macellai, parenti dell’autostoppista che avevano conosciuto poco prima. Per gli sfortunati viaggiatori è in arrivo un destino pieno di agguati, torture e mostruosità…

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Prodotto e realizzato a bassissimo costo, NON APRITE QUELLA PORTA è probabilmente il più celebre dei film di Hooper, che ebbe non pochi problemi con la censura e in poco tempo si meritò la fama di film maledetto. Chi non l’ha mai visto si meraviglierà leggendo che in questo film non scorre praticamente una sola goccia di sangue (se si fa eccezione per gli animali macellati). Quello che disturba (e che probabilmente ha dato noia alla censura) è l’insistito sadismo che questa pellicola trasuda da ogni fotogramma.

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Le vittime vengono trattate come animali destinati alla mattanza: una ragazza viene appesa a un gancio come un quarto di bue, un’altra viene colpita ripetutamente con una scopa e torturata come fosse un maiale che non riesce a star fermo. Ma il sadismo che si respira fuoriesce anche dai rapporti interpersonali tra i personaggi e sembra che Hooper abbia voglia di “contaminare” anche lo spettatore: un ragazzo in sedia a rotelle (che umanamente dovrebbe suscitare tenerezza e comprensione) è fonte di enorme fastidio, in una vicenda che, sensibilmente, dovrebbe funzionare da filtro ma che invece dimostra l’opposto.

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E così, questo piccolo film ha scosso non poco gli animi e ha fatto finalmente capire al pubblico che il “politically scorrect” è in fondo molto divertente e arriva dritto al punto, senza ipocrisie o lungaggini. Soprattutto, gli spettatori si accorsero che il linguaggio quando è sporco funziona meglio, soprattutto quando si vogliono raccontare storie fatte apposta per rimanere impresse.

Il ronzio della motosega che entra in testa e non se ne va più ha dato il via ufficialmente all’uso improprio di questo attrezzo, usato da qua in poi per i massacri del cinema che verrà. Imperdibile.

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