LA CASA DELLE BAMBOLE

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TITOLO ORIGINALE: Ghostland

FRANCIA/ CANADA 2018

REGIA: Pascal Laugier

CAST: Crystal Reed, Anastasia Philips, Mylène Farmer, Taylor Hyckson, Rob Archer, Emilia Jones

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Avete presente il modo di dire “ufficio complicazioni affari semplici”? La locuzione (vecchia quanto vi pare ma sempre efficace) viene generalmente usata per indicare una persona che, di fronte a un problema o a una situazione facile e lineare cerca, suo malgrado, la via più impervia e meno praticabile per arrivare alla soluzione. Scherzosamente si potrebbe riassumere così il lavoro del regista di Martyrs, nel senso che la storia è costruita in modo tale da confondere le idee allo spettatore (o almeno, questo è quello che succede nella prima parte), ma di per sé sarebbe di quelle che più semplici di così non si poteva: Beth e Vera sono due sorelle che vanno ad abitare insieme alla mamma in una vecchia villa ricevuta in eredità da una zia, ma appena arrivate vengono sequestrate e torturate da due pazzi (un demente sovrappeso e un inquietante psicopatico dai lineamenti femminili) che le hanno seguite fin lì a bordo di un camioncino. Il trauma è bello potente, ma il tempo passa e dopo un bel po’ di anni Beth riesce a farsi una famiglia e diventa una scrittrice famosa; al contrario Vera sembra non aver superato lo shock e vive ancora insieme alla madre nella casa che ha fatto da scenario a quella brutta vicenda.

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Un giorno Beth, dopo aver ricevuto una telefonata da Vera decide di tornare nella vecchia dimora, ma le basta pochissimo per accorgersi che la situazione è più grave del previsto: come in un eterno loop l’angoscia riaffiora e si ripete all’infinito, Vera è in preda al panico e Beth precipita nuovamente nell’incubo, poiché i pazzi sono sempre lì e continuano a infierire sulle due ragazze, mescolando atrocemente il passato con il presente…

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Si potrebbero dare diverse chiavi di lettura ma il rischio spoiler sarebbe troppo alto. Pascal Laugier punta tutto sul malessere e sulla sofferenza delle due (bravissime) protagoniste, non esagera con lo splatter ma i pazzi assassini che sfogano i loro istinti perversi sono decisamente minacciosi, anche perché i loro movimenti vengono mostrati sempre di sfuggita, così che la focalizzazione delle loro (ripugnanti) caratteristiche fisiche viene percepita dallo spettatore un po’ per volta.

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Recitazione di alto livello, dicevamo, e questo vale per tutto il cast: la madre delle vittime è la cantante Mylène Farmer (famosissima in Francia dagli anni ’80), sorprendentemente sensuale e azzeccata nel ruolo assegnatole, fragile e rassicurante in un contesto terribile, ma la parte del leone la fanno Emilia Jones e Taylor Hyckson, veri e propri “giocattoli” umani usati e “rotti” (la locandina minimale non è di quelle casuali) dalle anime nere del film, due psicopatici deviati che si divertono a trasformare gli essere umani in bambole.

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Val la pena soffermarsi sulla rappresentazione grafica dei pazzi sanguinari, che in una sceneggiatura che sovrappone vari livelli per offrire allo spettatore diverse prospettive riescono a regalare brividi autentici. Non c’è molto sangue e, in fondo, il cinema ha spesso mostrato macellai peggiori di questi due che, più che attratti dal fascino della macelleria danno l’idea di due ritardati mentali vittime dei loro complessi.

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Peccato per i jumpscare gratuiti, La Casa Delle Bambole funziona poco proprio quando vuole spaventare in modo grossolano, ma l’occhio cade sulla bellezza dei costumi, sulla fotografia nitida, sulla grande casa adibita a trappola e sul tormento perpetuo vissuto dai personaggi, cattivi compresi, destinati a un percorso obbligato di sofferenza.

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