UNA DONNA CHIAMATA APACHE

 

alt="una donna chiamata apache"

ITALIA, 1976

REGIA: Giorgio Mariuzzo

CAST: Al Cliver, Clara Hopf, Corrado Olmi, Federico Boido, Rocco Oppedisano, Piero Mazzinghi, Ely Galleani, Frank Warner

Davvero niente male questo western violento che, puntando sul successo di Soldato Blu e di Apacheracconta la storia del “buon soldato” Al Cliver che si innamora di una bella indiana scampata a un massacro.

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Un accampamento di indiani (colpevoli di aver “sconfinato”) viene distrutto e la “nuova leva” Tommy (soldato inesperto molto interessato al quieto vivere) decide di occuparsi di una graziosa sopravvissuta che, un po’ alla volta, matura dei sentimenti (ricambiati) per lui. L’uomo porta la ragazza con sé ma il tragitto per la libertà si rivela difficilissimo, perché fra soldati sadici e razzisti di ogni risma avere la vita salva sarà impresa ardua…

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Giorgio Mariuzzo è un ottimo sceneggiatore, famoso per la sua collaborazione con registi importanti come Lucio Fulci e Sergio Martino e senza peli sulla lingua, in Una Donna Chiamata Apache decide di raccontare una storia che è sì d’amore, ma che funziona soprattutto per l’armamentario exploitation che sfodera. In maniera lineare, seguiamo la fuga del bel biondo in mezzo a personaggi senza scrupoli; portandosi la giovane indiana al seguito, Tommy/ Al Cliver si espone a pericoli di tutti i tipi e deve fare i conti con squallidi personaggi che cercano puntualmente di uccidere o di violentare la sua amata.

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Ciò che più colpisce è il linguaggio offensivo e razzista che viene usato dall’inizio alla fine e il cinismo dimostrato da tutti quelli che vorrebbero mettere le mani sulla bella indiana, trattandola come un pezzo di carne senza valore. Perfino le donne all’occorrenza diventano maschiliste e spietate e la bella Ely Galleani, qua nella parte della figlia di uno squallido colonialista, non esista a dare in pasto la vittima ai suoi squinternati fratelli, per soddisfare la sua bramosia perversa e godersi lo spettacolo di uno stupro in diretta ai danni della sfortunata Apache (questo è il nome dell’indiana, ribattezzata così dal soldato).

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Botte da orbi, frecce mortali, turpiloquio, sangue e violenza a Clara Hopf (accreditata come Yara Kewa) sono gli ingredienti di Una Donna Chiamata Apache che, senza mai scadere nel trash (e il rischio era alto) si lascia guardare e fa scattare l’empatia nei confronti dei due personaggi positivi del film. Dispiace per le locations poco credibili (scenari mediterranei e pinete tipiche delle nostre coste) e per l’evidente povertà di mezzi, perché se così il risultato è buono con più soldi sarebbe stato ottimo. Da vedere.

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