CALVAIRE

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BELGIO/  FRANCIA/ LUSSEMBURGO, 2004

REGIA: Fabrice Du Welz

CAST: Jean Luc Couchard, Philippe Grand Henry, Brigitte Lahaie, Laurent Lucas, Gigi Coursigny, Philippe Nahon

Un artista si esibisce negli ospizi; al termine di uno spettacolo parte col suo furgone per un’altra meta e. attraversando il lungo bosco, ha la più classica delle sfortune: un guasto al motore! L’uomo trova ospitalità in un piccolo albergo gestito da uno strano logorroico e invadente, ma anche le persone che vivono lì intorno sono strane: non ci sono donne e lo spaesato protagonista assiste senza essere visto a un aberrante amplesso con un maiale.

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L’albergatore comincia a rivolgere particolari e insinuanti attenzioni all’artista, fino ad arrivare a una vera e propria (e pericolosa) ossessione: è convinto che egli sia in realtà la moglie pentita e tornata da lui e, dopo avergli distrutto definitivamente il furgone e averlo colpito in viso con la batteria del mezzo, lo veste con gli indumenti della consorte (!) e comincia a torturarlo sia fisicamente che psicologicamente. Ha inizio un lungo e allucinante calvario, condito da un clima di follia che sembra coinvolgere anche gli altri abitanti del paese…

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Un vero shock questo film belga, feroce e inaspettato. L’atmosfera di assoluta desolazione che respiriamo è devastante, con lunghi corsi d’acqua e paesaggi immersi nella neve. Non è un caso che CALVAIRE sia interpretato solo da uomini, con un’eccezione che porta il nome di Brigitte Lahaie, ex pornostar qua ancora bellissima, infatti è come se la pazzia generale scaturisse dall’assenza di figure femminili. L’omosessualità non viene rappresentata come scelta ma come una forzata induzione dove il compromesso e la ragionevolezza vengono a mancare, sfociando così nella bestialità e nella pazzia.

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In una scena (apparentemente) fuori luogo, in un locale gli abitanti del paese ballano sulle note di una canzone inquietante suonata al pianoforte, simbolo di tristezza mascherata da gioia causata appunto, dall’assenza di donne. Una danza fuori tempo che vorrebbe essere liberatoria, ma che descrive in realtà la desolazione di cui quel posto è impregnato.

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Il ritmo del film di Fabrice Du Welz è lento, ma gli shock visivi che arrivano come una bastonata agli occhi dello spettatore ne fanno un’opera scattante ma soprattutto malata. Ottima la prova degli attori, specialmente quella del protagonista, facilmente identificabile come omosessuale che pagherà cara la sua pulsione, con un finale ambiguo in cui la catarsi arriva solo a metà e dove a dare il colpo di grazia è l’amore elemosinato e non corrisposto.

CALVAIRE è un’opera interessante e fuori dagli schemi, che piacerà agli amanti dei prodotti cosiddetti “di consumo”, ma anche a chi andava in cerca di qualcosa di diverso e meno commerciale. Da recuperare.

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