TITOLO ORIGINALE: Tears Of Kali
GERMANIA, 2004
REGIA: Andreas Marschall
CAST: Pietro Martellanza, Anja Gebel, Magdalena Ritter, Ludwig Nicole, Maunsell Gabriel, Oefelein Leoni, Thomas Otto, Adrian Topol
Agli inizi degli anni ’80, in India c’era una misteriosa setta (denominata Taylor Eriksson per richiamarne i fondatori) che, attraverso pratiche durissime, permetteva agli adepti di esplorare le parti più oscure del proprio subconscio. Arrivati nella Germania dei giorni nostri, partono tre storie che raccontano le vicende di alcune persone che vent’anni prima facevano parte di quella setta.
Nel primo episodio, una giornalista senza scrupoli fa un’intervista a una ragazza ricoverata in manicomio dopo essere fuggita dal gruppo Taylor-Eriksson. ma la donna è in realtà la sorella del Santone e, attraverso le insistenti domande risveglia nella malata un demoniaco rancore che ritorna per uccidere.
La seconda storia è quella di un giovane delinquente che si sottopone a una cura psichiatrica presso un ambiguo dottore. Metaforicamente, il ragazzo vorrebbe uscire dalla propria pelle e rifarsi una vita, ma lo psichiatra (che è un ex membro della setta) prende alla lettera le sue parole e, dopo averlo ipnotizzato, lo costringe a scuoiarsi con le sue mani per ripulirsi dal karma inquinato.
Nel terzo e ultimo segmento, una donna si rivolge a un gruppo di meditazione per riuscire a liberarsi di un demone che alberga nella sua schiena, costringendola a vivere con un peso costante. In realtà la donna, fuggita dalla setta, vuole servirsi del capo del gruppo per liberarsi dall’entità e lasciarla a qualcun altro, che dovrà portare il peso (nel senso letterale del termine) al posto suo.
LACRIME DI KALI è davvero un bel film. Fine, raffinato, intrigante e avvincente, una storia originale con tante frecce al suo arco. Tanto per cominciare, il clima freddo che avvolge le storie è palpabile e le rende intrise di un’atmosfera algida e rarefatta. Il sangue scorre abbondante, ben dosato e perfettamente funzionale all’evoluzione delle vicende.
Dei tre episodi, forse il più debole è il primo, ma gli altri due sono come schegge che partono e colpiscono istantaneamente. Il personaggio più inquietante è senza ombra di dubbio lo psichiatra del secondo episodio, quello meno azzeccato è la giornalista del primo.
Da vedere, per chi ha voglia (finalmente) di qualcosa di diverso.