IL GIARDINO DELLE TORTURE

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TITOLO ORIGINALE: Torture Garden

G.B. 1967

REGIA: Freddie Francis

CAST: Jack Palance, Burgess Meredith, Beverly Adams, Peter Cushing, Maurice Denham, Barbara Ewing, Robert Hutton

Il Dottor Diabolo (Burgess Meredith, il Joker nel Batman telefilm dei ’60) svela il futuro a varie persone nel baraccone di un Luna Park. In una stanza c’è Atropo, la Dea che in una mano tiene i fili che muovono la vita delle persone, nell’altra un paio di forbici per reciderle. I clienti, fissando Atropo, possono vedere cosa offre loro il destino, avendo così la possibilità di cambiarlo; questo è quello che ci presenta il Dottor Diabolo, con tanto di bombetta in testa e sorrisetto sarcastico. Partono così quattro storie, che rappresentano il futuro dei clienti più coraggiosi che accettano di sapere cosa c’è in serbo per loro.

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La prima storia è quella di un uomo che si impossessa del tesoro dello zio defunto. Da quel momento viene perseguitato da un gatto infernale di nome Balthazar, che lo costringe a compiere alcuni delitti per placare la sua sete di sangue.

Il secondo episodio racconta delle peripezie di una bella ragazza che vuole entrare nel mondo dello spettacolo. Scoprirà a sue spese che i divi di Hollywood sono in realtà androidi immortali che non possono invecchiare.

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Il terzo segmento (il più debole) racconta di un pianoforte innamorato del suo padrone. Quando l’uomo conosce una ragazza, lo strumento musicale fa di tutto per toglierla di mezzo.

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Infine, l’ultima vicenda tratta di uno studioso di opere di Edgar Allan Poe (interpretato da Jack Palance) che fa la conoscenza di un grande collezionista (Peter Cushing). Si accorgerà che il misterioso scrittore è vivo e immortale, recluso in una stanza come ultimo, supremo oggetto da collezione.

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Quando ci troviamo alle prese con un film a episodi, è normale trovare storie più o meno riuscite delle altre e, in questa quadrilogia, la migliore è senz’altro l’ultima, dove si punta su un bel duetto: Jack Palance e Peter Cushing. L’episodio  peggiore è sicuramente il terzo, che però scivola via velocemente senza dare troppo fastidio. La vicenda della diva di Hollywood non è male, anche se poteva essere sviluppata meglio, visto che la storiella funziona soltanto grazie alla rivelazione finale che la giustifica. Nella prima storia invece, un po’ d’inquietudine è assicurata.

Nel complesso, possiamo dire che i film della Amicus che fanno gridare al capolavoro sono altri, anche se IL GIARDINO DELLE TORTURE si guadagna comunque una sufficienza piena. Da vedere, per gli amanti del classico cinema inglese a episodi.

Sceneggiatura di Robert Bloch.

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