LO STRANO VIZIO DELLA SIGNORA WARDH

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ITALIA/ SPAGNA, 1971

REGIA: Sergio Martino

CAST: Edwige Fenech, George Hilton, Ivan Rassimov, Alberto de Mendoza, Cristina Airoldi, Bruno Corazzari

Julie Wardh (Edwige Fenech) è una donna tormentata che cerca di dimenticare il suo ex fidanzato (Ivan Rassimov), un perverso individuo col quale aveva instaurato un rapporto sadomasochistico. Cercando di farsi una nuova vita, Julie è ora la moglie di un uomo di successo, ma la sua natura ambigua le impedisce di vivere serenamente le gioie del matrimonio, così diventa l’amante di un ragazzo conosciuto per caso ad una festa, cugino di una sua amica.

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La situazione diventa difficile per la sensuale Julie, perché il suo ex la tormenta a ripetizione per far esplodere nuovamente in lei la sua scellerata sessualità, in più c’è un maniaco che in città squarta giovani ragazze muovendosi nell’ombra e che ha tutta l’aria di una persona a lei vicina. Dopo una serie di turpi delitti e di situazioni angoscianti, le carte si scoprono e rivelano una scomoda verità.

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Tra i film più famosi di Sergio MartinoLo Strano Vizio Della Signora Wardh si apprezza fondamentalmente per il corpo di Edwige Fenech e per Dies Irae, la splendida partitura di Nora Orlandi riutilizzata successivamente da Quentin Tarantino in Kill Bill Vol.2. Nonostante l’alone di cult, questo sexy-thriller con espliciti riferimenti al sadomaso racconta una storia improbabile che non riesce a stupire, anche se dobbiamo riconoscere a Martino la capacità di non annoiare mai lo spettatore.

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Gli attori sono tutti azzeccati, ma daranno il meglio in altre pellicole: George Hilton non si lascia mai troppo andare e Ivan Rassimov nella parte del bello perverso sembra non volersi sforzare più di tanto, però lo spettacolo funziona e Lo Strano Vizio Della Signora Wardh si guadagna un posto di rilievo rispetto alla maggior parte dei gialli di ispirazione “argentiana” di quel periodo, dove un assassino nerovestito e gli omicidi cruenti sono gli elementi grafici portanti.

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L’eleganza della confezione, le scene oniriche, le pulsioni erotiche dei personaggi mostrate e vissute fanno dimenticare l’inconsistenza della sceneggiatura e il finale tirato via, perché in fondo stiamo parlando di un film che vale per l’estetica della messinscena e non per quello che viene raccontato, anche se l’intenzione di incuriosire il pubblico pagante con tematiche titillanti è evidente fin dal titolo.

Non un capolavoro come molti sostengono ma di sicuro un tassello fondamentale nella nostra cinematografia di genere.

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