LA SEDIA A ROTELLE

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TITOLO ORIGINALE: Un Meurtre Est Un Meurtre

FRANCIA/ ITALIA 1972

REGIA: Étienne Périer

CAST: Jean-Claude Brialy, Robert Hossein, Catherine Spaak, Stéphane Audran, Michel Serrault, Claude Chabrol

La morte di una donna in seguito a uno strano incidente d’auto attira l’attenzione di un commissario che comincia a interessarsi al caso, convinto della colpevolezza del marito. In seguito all’apertura di un testamento, un po’ per volta si definiscono le caratteristiche dei personaggi che ruotano intorno alla vicenda: c’è un uomo che dovrebbe ereditare le sostanze della defunta, un ricattatore e la sorella “quasi” gemella della morta che si piazza in casa dell’ex cognato.

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Inizia bene e prosegue male La Sedia A Rotelle;  fin da subito si percepisce l’ambiguità e il malessere dei protagonisti di una storia che vorrebbe essere misteriosa, ma dopo un po’ l’interesse cala a causa di uno svolgimento prolisso, dove praticamente tutto quello che succede viene inutilmente spiegato o mostrato senza troppo entusiasmo. I toni sono molto leggeri e quello che dovrebbe essere un covo di vipere (dove nessuno la racconta giusta o ha qualcosa da nascondere) diventa una specie di salotto e, invece di passare all’azione, si preferisce dialogare amabilmente.

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Un Meurtre Est Un Meurtre è una storia tiepida con un bel cast che, fra alti e bassi (Michel Serrault sotto tono, Catherine Spaak bellissima e Stéphane Audran che verso il finale scivola nel trash in una scena improbabile) avrebbe funzionato meglio con qualche efferatezza; Étienne Périer lascia da parte i colpi di scena e le sequenze ad alta tensione per mostrare i rapporti che intercorrono fra i vari personaggi, scegliendo di non far parte in questo caso del vasto panorama exploitation.

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Intendiamoci, La Sedia A Rotelle ha una sua personale eleganza e l’ispirazione che arriva dai lavori di Alfred Hitchcock (in particolare da La Donna Che Visse Due Volte) lo rende stilisticamente raffinato, diciamo che è destinato a deludere gli amanti delle sensazioni forti e il pubblico abituato ai gialli nostrani, perché di sesso e sangue qua non c’è traccia.

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