ROSEMARY’S BABY

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USA, 1968

REGIA: Roman Polanski

CAST: Mia Farrow, John Cassavetes, Ruth Gordon, Sidney Blackmer, Maurice Evans, Ralph Bellamy, Victoria Vetri, Elisha Cook Jr.

Una coppia va ad abitare in una grande casa a New York: lui (John Cassavetes) è un attore agli esordi e senza troppa fortuna, lei (Mia Farrow) è una donna psicologicamente debole e con un inizio di depressione. I due fanno la conoscenza dei vicini di casa, una coppia di anziani signori e, poco alla volta, i vecchietti si insinuano nella loro vita  con invadenza e eccessi di gentilezza.

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Quando la giovane ragazza rimane incinta, le premure dei subdoli vecchi si fanno sempre più insistenti e i due non esitano a far leva sulla sua fragilità, che non le permette di valutare la situazione con la necessaria lucidità. La gravidanza fa il suo corso, ma solo alla fine la donna si rende conto di essere al centro di un vero e proprio complotto luciferino e che, il bimbo che dovrà partorire, è stato fortemente voluto da una congrega di satanisti.

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Classico del brivido in cui si mescolano complotti e stregoneria, dove tutto è giocato sulla psicologia della Farrow, debole e incapace di prendere decisioni significative, intrappolata all’interno di un diabolico disegno più grande di lei. Rispetto a altri suoi lavori sul tema del “complottismo” sia reale che paranoico (Repulsion,L’Inquilino Del Terzo Piano) ROSEMARY’S BABY mette da parte il contorno terrificante per concentrarsi totalmente sull’evoluzione del piano diabolico, che trova il suo climax nel finale. Una buona prova per tutti, anche se a parere di chi scrive (nonostante la fama che il film ha acquisito negli anni) stavolta siamo uno scalino sotto ai lavori di Roman Polanski citati sopra.

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Molte le simbologie religiose e Mia Farrow è brava, ma fa parte di quella schiera di attori/attrici che pur avendo interpretato ruoli celebri è tra le più sopravvalutate di sempre. Parliamoci chiaro: la storia è incalzante, ma dura troppo, non fa mai paura e l’inquietudine che si dovrebbe respirare fa capolino solo ogni tanto.

Rimane comunque essenziale per capire il cinema di Polanski, che quasi sempre mostra ciò che si trova all’interno della testa dei protagonisti partendo  dalle debolezze e dalle paure che albergano nel cervello di ognuno di noi . Produzione di William Castle.

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